I “calderoni musicali” sono sempre più abusati. Come pure l’utilizzo di termini come “psichedelia” e affini. Viene da chiedersi perché si continui imperterriti a mescolare generi su generi: forse per nascondere una mancanza di originalità? Sembra che uscire forzatamente dagli schemi sia diventato obbligatorio per essere presi in considerazione. Gli Entropia non sfuggono a questa tendenza presentandoci un piatto (Ufonaut) nel quale i troppi ingredienti finiscono per annullarsi a vicenda, rovinando il sapore vero della pietanza.
Loro stessi si definiscono una band psichedelica, ma è bene precisare subito come di psichedelico ci sia ben poco, dato che in Ufonaut prevalgono generi come il black metal (anzi, sarebbe più opportuno parlare di post-black metal) di derivazione americana ed il post-rock (presente principalmente a livello melodico, soprattutto nella traccia finale “Veritas”, la più riuscita del disco). Nell’album, come prevedibile, convivono sprazzi di violenza selvaggia (l’iniziale “Fractal”), discontinui momenti più decisi ed intensi (“Samsara”) ed un continuo mare sonoro che si alza e si abbassa schiantandosi poi nei padiglioni auricolari. Risulta decisamente eccessivo l’utilizzo di soluzioni standard, che alla lunga diventano una zuppa riscaldata. La stralunata titletrack vive di momenti e prefigura bene tutto ciò che verrà dopo: fatto salvo un discreto finale, i tre brani successivi (“Apogeum”, “Mandala” e “Paradox”) sono un susseguirsi di prolissità e poca sostanza.
Ostentare sicurezza e originalità mescolando generi può essere un’arma a doppio taglio. La bellezza nasce soprattutto dalla semplicità delle cose. Bisognerebbe evitare di volere troppo ed in tempi brevi, specialmente se non si hanno ancora le idee ben chiare.
(Arachnophobia Records, 2016)
1. Fractal
2. Samsara
3. Ufonaut
4. Apogeum
5. Mandala
6. Paradox
7. Veritas
8. Gentile