Ritorna dopo pochi anni dal debutto discografico, il quintetto svedese Age of Woe, che si trova alle prese con il secondo album, titolato An Ill Wind Blowing. Il vento malato del titolo ben rappresenta ciò che si ascolterà in questa opera. Il sound si è fatto più variegato ma anche più deciso e concreto, tanto da poter essere incastonato in una circostanza post-metal senza esserlo propriamente.
L’opera della truppa di Göteborg, pur essendo marcia fino al midollo, offre uno spaccato dell’attuale corso musicale intrapreso. È forse una sorta di disco di passaggio, nel quale la band sta forgiando la propria musica, perché se da un lato sbucano fuori come funghi schegge sonore veloci come proiettili (l’assalto sonoro “III Winds”) dall’altro tanta velocità è supportata da diversi piccoli tocchi di classe davvero ben integrati nel contesto. Spesso le chitarre sono sporche e dense, inserite in un magma strumentale in bilico tra il death metal (ben evidenziato anche dalle vocals alla Entombed) ed il punk-hardcore che martella costantemente rendendo i brani più assimilabili; è il caso dell’opener “Voices of the Unheard”. Ma i pezzi del mosaico possono ulteriormente estendersi, quindi ecco comparire rallentamenti doom con tanto di tastiere in sottofondo (la dinamica “Bad Blood”) ed un certo mood diversamente epico (l’indiavolata ma non scontata “Heavy Clouds”), senza che si vada però a snaturare la pesantezza o a rendere troppo easy l’ascolto. Ogni piccolo tassello strumentale è volto ad arricchire i brani, facendoli risplendere di luce propria senza essere mai scontati.
Gli Age of Woe ci hanno proposto insomma un lavoro chiaramente di transizione, che risulta però di qualità ed assolutamente credibile e fresco. Ci sentiamo autorizzati a sperare in un terzo lavoro bomba.
(War Anthem Records, 2016)
1. Voices of the Unheard
2. Bad Blood
3. Kiñe Weza Kuruf Konkey
4. Heavy Clouds
5. Havens Burn to Cinder
6. Ill Winds
7. Halo of Flies