Se è vero che la produzione musicale è legata al luogo geografico d’espressione, alle sue caratteristiche climatiche e ambientali oltre che, ovviamente, culturali, risulta difficile capacitarsi del fatto che la Sicilia non abbia mai ospitato una florida scena stoner. Le connotazioni atmosferiche non sono distanti dai deserti degli USA del sud (Palm Desert, giusto per tirare in ballo un nome arcinoto) tanto per le temperature quanto per l’aspetto idrogeologico. E anzi, l’elemento vulcanico che domina la provincia di Catania, città storicamente tra le più fertili, avrebbe potuto aggiungere un ulteriore quid localistico per rendere la proposta ancor più intrigante.
Questa introduzione ci porta a dire che oggi, forse, e con notevole ritardo, un lieve fermento è in via di sviluppo. Ad avvalorare questa tesi, dopo l’esordio dei kyussiani Rhino nel febbraio 2017 arrivano i Turbobobcat, giovane formazione catanese che dopo qualche mese di attività pubblica il primo EP intitolato Pentastar Rocket Ride. Il buffo moniker e i riferimenti spaziali/fantazoologici dell’artwork inquadrano appieno la proposta dei Nostri, volutamente poco impegnata ma dannatamente divertente – cioè come lo stoner dovrebbe essere.
L’impressione è confermata dall’iniziale “Pentastar”, brano che, se da un lato è pienamente immerso nella tradizione e non propone nulla di nuovo, dall’altro è permeato da un groove irresistibile e da suoni nitidi che supportano egregiamente la voce pulita, e molto intonata, di Federico “Fano” Indelicato. La successiva “Turbobobcat” ne rappresenta una sorta di doppio ed evoluzione: ben strutturata, introduce soluzioni non scontate (come le danzerecce aperture rock n’ roll) e si lascia ricordare per un ritornello veramente catchy supportato da cori. Nota di colore: il coretto iniziale che declama il nome della band, nonché il titolo del brano, fa parte di quella serie di piccole trovate che rendono efficace il lavoro globale, lasciando un sincero sorrisetto divertito sul volto dell’ascoltatore. È infine compito di “Bigfoot (Ruler of the Shire)”, che rappresenta da solo poco meno della metà della durata dell’EP, quello di scombinare le carte in tavola. Magistrale è l’incastro tra i momenti boogie e quelli più slabbrati, pienamente doom, che ad essi si intersecano in modo semplice e scorrevole. Ad impreziosire ulteriormente la proposta dei Nostri interviene anche uno scream acido, dimostrazione della grande duttilità vocale di Fano (che, tra l’altro, è anche autore di tutti i brani).
A conti fatti, Pentastar Rocket Ride dimostra che anche inserendosi appieno nei solchi della tradizione è possibile dire la propria, riuscendo a non essere derivativi, e rileggendo il passato in un’ottica moderna (è il caso soprattutto della produzione). Dato il periodo di grande fortuna per il genere, e le indubbie qualità espresse in questa prima uscita discografica, siamo sicuri che i Turbobobcat possano fare tanto e bene in futuro: a dimostrarlo è il buon hype creatosi attorno alla band e l’accordo appena siglato con Black Bow Records. Se siete fan di tutto ciò che orbita attorno allo stoner rock/metal non fatevi scappare questi ragazzi, perché possiedono la capacità rara di centrare l’obbiettivo con semplicità, naturalezza e senza prendersi troppo sul serio.
(Autoprodotto, 2017)
1. Pentastar
2. Turbobobcat
3. Bigfoot (Ruler Of The Shire)