Con Wasteland, i perugini Northwoods hanno sfornato uno dei lavori più interessanti tra le uscite italiane di quest’anno. Noi abbiamo approfittato dell’occasione per far loro qualche domanda. Buona lettura!
Ciao ragazzi e benvenuti su Grind on the Road, riprendiamo le fila da dove ci eravamo lasciati. Cosa è successo ai Northwoods nei due anni intercorsi fra l’uscita dell’ep d’esordio e Wasteland?
Grazie innanzitutto per lo spazio e del supporto che ci state dando! Dopo l’uscita dell’omonimo Ep per Ùa abbiamo fatto diversi concerti lungo la penisola, in situazioni molto diverse tra loro e con band delle quali abbiamo molta stima ed ammirazione (Trash Talk, Lleroy, Morkobot, Tutti i colori del buio, Zeit, If I Die Today, Confine ecc.) togliendoci molte soddisfazioni in questo senso. Nel frattempo ci siamo separati da Edoardo (chitarra) ed abbiamo deciso di rimanere in una formazione a tre. Circa un anno fa poi abbiamo dato un taglio ai live e ci siamo concentrati sulla scrittura di Wasteland che ci ha portato via, tra composizione e registrazione la maggior parte del tempo e delle energie. È stato registrato e mixato a Roma da Lorenzo Amato e poi masterizzato da Valerio Fisik tra gennaio ed aprile di quest’anno.
La qualità della scrittura, il vostro background è rimasto pressoché immutato eppure si direbbe che Wasteland è un lavoro che sta un passo avanti rispetto all’ep. È solo una mia impressione?
Fondamentalmente credo che sia un lavoro meno acerbo e focalizzato su come volevamo che uscisse nella totalità, che avesse un senso nella sua interezza sia dal punto di vista lirico che musicale. Avevamo dei punti di partenza, parlando di influenze, non dissimili da quelle dell’Ep, che comunque possono essere ricercate in un certo tipo di hardcore e post-hardcore o nel noise di NYC, ma l’intenzione era quella di dare il massimo che potevamo in questo momento in termini di scrittura. Per un verso abbiamo tolto quello che trovavamo in eccesso, dall’altro abbiamo cercato di arricchire il nostro sound con delle soluzioni meno usuali e noisey, dunque se viene percepito così non può farci altro che piacere!
Che mondo ci descrive e di cosa parla Wasteland?
Wasteland parla di desolazione. Il mondo che ci circonda è un mondo alla deriva, ormai forse irrimediabilmente compromesso, soffocato ed abitato da persone sempre più sole. Quello che nel passato sembrava una terribile distopia ora è la realtà che viviamo il ogni giorno.
È ragionevole pensare che in qualche modo vi sia un fil rouge tematico – concettuale che lega tra loro i brani?
Assolutamente sì, come di dicevo il concept lirico è legato alla desolazione sotto varie metafore. Da quella che poteva essere la condizione di vita all’interno delle ZATO, le cosiddette città chiuse costruite dopo la seconda guerra mondiale in Unione Sovietica, alla percezione di follia di “Asylum” oppure la riflessione sull’idea di futuro di “Future Is A Shadow Line”, ma la risultante rimane sempre la stessa: solitudine,miseria, dolore ed egoismo.
Wasteland ha anche un forte tasso di letterarietà, citate Conrad e, immagino, pure Eliot. (Curiosamente accomunati dall’aver ricevuto la naturalizzazione britannica). In che modo la letteratura partecipa della vostra musica?
La letteratura ma anche il cinema hanno una forte connessione con i Northwoods, molte delle nostre influenze vengono da quei contesti. La citazione da Conrad è presa da un’analisi di Cuore di Tenebra fatta da Paolo Jedlowski in un meraviglioso saggio, “Memorie Dal Futuro”, dove viene analizzato quel senso di paura ed attesa dei marinai quando vedono l’ultimo lembo di terra all’orizzonte, appunto la linea d’ombra. Mentre in verità Eliot pur non essendo un’influenza diretta dell’album ed il titolo non sia ispirato direttamente al suo poemetto, curiosamente si ritrova ad aleggiare all’interno dei testi rileggendoli a posteriori. “City 40” invece è ispirata all’omonimo documentario di Semira Goetschel su Ozersk, tutto il disco comunque si nutre molto di fascinazione verso universi distopici, ma estremamente legati al reale ed alla percezione di esso, sicuramente Dick ha giocato un ruolo fondamentale in questo senso.
L’artwork è una foto concessa dalla Nasa. Qual è l’oggetto raffigurato nella foto? (Ma davvero gli avete scritto chiedendogli proprio quel frame?)
L’immagine è una tempesta di meteoriti sugli anelli di Urano catturata dalla sonda Voyager 2 nel 1986. Credo che emozionalmente sia perfetta per descrivere lo stato d’animo del disco; il senso di vuoto e di futuribiltà direi che giocano un ruolo fondamentale. Si, dopo millemila ricerche abbiamo trovato la mail del responsabile della diffusione del materiale fotografico riguardante gli archivi storici, lui gentilmente ha risposto e concesso, con le restrizioni del caso, l’utilizzo del materiale per l’artwork. Malgrado una mia gaffe clamorosa della quale è meglio non parlare ahahahah
Il 15 giugno ci sarà il release party a Roma, aspettative?
Amiamo Notte Night, è uno dei nostri festival preferiti di sempre, suoni estremamente diversi tra loro che si incontrano ed una bellissima atmosfera. Siamo davvero onorati di poter presentare il disco per la prima volta lì!
Cosa prevede l’agenda dei Northwoods per quest’anno?
Stiamo preparando, per il finire dell’estate, una cosa molto particolare ma non voglio svelare nulla, tutto ancora segretissimo . La cosa alla quale teniamo di più e che vorremmo occupasse più tempo ai Northwoods nei prossimi mesi però è l’aspetto live, stiamo pianificando delle date per quest’estate ed il prossimo autunno e speriamo di toccare più città possibili.
Perugia, la vostra città, è una postazione strategica per poter osservare da vicino buona parte delle realtà musicali sparse per lo stivale, oltre al fatto di avere una buona programmazione musicale e una scena di per sé molto compatta con una certa predilezione per il rumore, la velocità, lo-fi e fanghiglia varia. Per cui, in chiusura, volevo chiedervi due cose. Se è lecito parlare di una sorta di Perugia Sound. E poi una panoramica su come vedete, dal vostro punto d’osservazione privilegiato, le varie realtà e scene musicali italiane.
Personalmente sono molto orgoglioso della mia città e della sua scena, non so se si possa parlare di sound cittadino, ma sicuramente ci sono band molto valide (Methylhate, [sterpaglie] e molte altre), compatte e persone in gamba che cercano di mandare avanti le cose malgrado davvero mille difficoltà. Con l’Ex Mattatoio prima e poi con Freeride e Rework abbiamo avuto la possibilità di far suonare tantissime band italiane ed internazionali. Sono dell’opinione ci sia una forte passione e qualità artistica in Italia ma soffra molto di mancanza di spazi e di un ricambio generazionale che si sta affacciando solo ora.
Noi abbiamo finito, grazie per la disponibilità. Potete concludere come preferite.
Grazie ancora per lo spazio, e speriamo di vederci presto sotto e sopra i palchi!