Saliti agli onori della cronaca nel 2016 con Hunted, gli statunitensi Khemmis rappresentano un nome di punta nell’attuale panorama doom metal, inserendosi nel filone più revivalistico e tradizionale. Pur non brillando, per forza di cose, per originalità, i Nostri si sono fatti notare per un buon songwriting, ottimi suoni e una grande capacità nel rendere un’atmosfera battagliera, perennemente sugli scudi e all’erta, che fa il paio con gli artwork fumettistici che paiono tratti dalla saga di Slàine MacRoth. L’hype creatosi per il nuovo Desolation era dunque consistente – non che sia difficile crearne in questo genere, oggi – ma all’ascolto dell’album sorgono alcune perplessità che lo renderanno, in conclusione, un piccolo passo indietro.
I due brani iniziali, “Bloodletting” e “Isolation”, mettono in luce una band che si sforza di agguantare l’orecchiabilità, con cavalcate tradizionalmente heavy metal guidate da limpidissimi lead di chitarra. Non che i Khemmis abbiano mai nascosto questa fascinazione per il metal delle origini e un certo gusto per la melodia, ma qui siamo certamente più vicini agli Iron Maiden che ai Candlemass, giusto per tirare in ballo nomi di spessore. In sé questo dato potrebbe anche non essere negativo, se non fosse che in più passaggi i Nostri paiono poco ispirati, confezionando sì dei buoni brani, ma incapaci di trasmettere quella grandeur belligerante che ha fatto la fortuna di Hunted. Non mancano degli ottimi spunti, come in “Flesh To Nothing”, che l’uso efficace dello scream ricrea davvero uno scenario di desolazione, o nella conclusiva, sofferta “From Ruin”, come non manca il suono pulito ma sincero che ha caratterizzato le due uscite precedenti. A mancare è, talvolta, proprio l’intuizione, il colpo da maestri, la raffinatezza che rende un album preferibile rispetto al mare grande che è il doom in questo periodo storico.
E dunque, malgrado si lasci ascoltare senza patemi e non contenga brani disastrosi, Desolation coinvolge solo a metà. Con questa uscita senza infamia e senza lode, che farà la gioia dei più integerrimi fan del metallo vintage, ma di pochi altri, i Khemmis traballano nel contesto di un appuntamento fondamentale come quello del terzo album. Rivedendo la sostanza compositiva, e sperando in una competizione meno agguerrita, potranno comunque in futuro guadagnarsi una posizione del gotha della musica del destino.
(20 Buck Spin, Nuclear Blast, 2018)
1. Bloodletting
2. Isolation
3. Flesh To Nothing
4. The Seer
5. Maw Of Time
6. From Ruin