La reunion degli Swans assume un senso in queste quasi 2 ore di lavoro, vero sunto esaustivo di quello che la creatura poliforme di Michael Gira ha rappresentato negli ultimi 30 anni, pur non registrando grandi novità. I temi dell’album sono variegati e altisonanti, e puntano tutti verso la ricerca di un’apocalisse divina, vero specchio della fragilità umana, attraverso una catarsi graduale ma cerimoniale. Basti ascoltare l’opener “Lunacy”, cacofonica e solenne nel suo incedere d’invocazione e preghiera. Il disco è costellato anche dalla presenza di Karen O in “Song for a Warrior”, impersonificazione dell’angoscia bellica, e raggiunge il picco massimo negli inverosimili 32 minuti della titletrack, vero pamphlet del caos e della sperimentazione associata agli Swans. Attraverso bellezza, estasi e atmosfere surreali si sviluppa un pachiderma sonoro che ridà smalto a una bestia mai doma e denota il ritrovato vigore di uno dei padri dell’industrial moderno, che torna per prendersi gli applausi della nuova generazione. La classe non è acqua, ma apocalisse.