Back Above The Clouds è l’album di debutto dei Warmrain, progetto inglese ad opera del mastermind Leon J. Russell, che si occupa di voce, chitarra e batteria, avvalendosi di qualche ospite speciale per gli altri strumenti. Il disco in questione è un doppio, e mette molta carne sul fuoco a livello di minutaggio. Esso inoltre si basa su di un concept riguardante una storia realmente accaduta. Il progressive rock è ciò che sta alla base della visione sonora della band, specialmente quello rivolto alle sue derive più melodiche che non elaborate, con particolar riferimento alla scena degli anni 80’ ed a quanto venne prodotto da gruppi come i Porcupine Tree e Steven Wilson da solista.
A saltare subito all’orecchio sono indubbiamente una pulizia e qualità del suono cristalline, segno che il prodotto è stato curato in maniera certosina, sia nell’artwork che nell’aspetto più propriamente musicale. I musicisti sono tutti tecnicamente preparati, e si avverte in ogni passaggio strumentale. C’è un solo immenso problema ovvero che, nel corso dell’ascolto, si ha quasi l’impressione di trovarsi dinanzi la stessa ed identica traccia riprodotta in loop. La musica è improntata interamente ad un approccio acustico, ben sottolineato da una chitarra sempre in primo piano. E bisogna dire che, se si ascoltano le prime tracce come “Absent Friends” (con le sue intense pennellate art rock ed i suoi eterei assolo melodici) o l’oscura “Fading Star” (piena di spruzzate arabeggianti) c’è di che godere grazie ad un pathos etereo che culla l’ascoltatore; anche “Alone in a Silent Harmony”, nonostante ricordi molto i Pink Floyd, si lascia ascoltare piacevolmente. Da questo punto in poi inizia una marcia lentissima e sempre più spenta verso la conclusione, dove ci sono rarissime variazioni: la cover degli Eurythmics “Here Comes the Rain Again”, la più allegra “I Should Be Seeing Stars By Now” (ricordante qualcosa dei The Chant), gli inserti blues di “Running Out of Time” e le impennate elettriche di “A Hundred Miles High”. Tutto il resto purtroppo è un concentrato di melassa sonora che inizia con i migliori auspici, per poi però spegnersi inesorabilmente nel giro di pochissimo tempo. La noia coglierebbe anche il fruitore più navigato del genere, e non basta qualche incursione nell’epicità sinfonica o in qualche passaggio leggermente jazzato per salvare un prodotto tecnicamente impeccabile dall’essere dimenticato in fretta. C’è una scrittura eccessivamente piatta, priva di efficacia e pericolosamente ripetitiva: l’ascoltatore dovrà impegnarsi notevolmente per vincere la tentazione di passare oltre.
L’esordio dei Warmrain si presenta dunque come un album troppo legnoso e statico, in grado di trasmettere ben poche emozioni. Sebbene si tratti di un prodotto perfetto dal punto di vista tecnico, esso è carente dal punto di vista dell’ispirazione, al punto che sarebbe bastato incidere un disco soltanto, conservando le composizioni maggiormente degne di nota.
(Plastic Head, 2019)
1. Fading Star
2. Absent Friends
3. Running out of Time
4. Alone in Silent Harmony
5. I Should Be Seeing Stars by Now
6. New Dawn
7. Metamorphosis
8. Here Comes the Rain Again (Extended Version)
9. A Hundred Miles High
10. Live the Dream
11. Free Now
12. Flying Dreams
13. Absent Friends (Reprise)
14. Luminous Star
15. Equilibrium