L’underground è un mondo immenso e traboccante di musica (fortunatamente). Ogni regione ha i suoi eroi ed oggi, con mostruoso ritardo e di ciò ci scusiamo, ci addentriamo nel Nord Italia con i friulani The Haunting Green. Il duo nostrano esordì con un EP nel 2014 (vanno aggiunti anche uno split ed una partecipazione nel disco di Deison & Mingle) e nel 2019 si arriva al debut album Natural Extinctions. Partiti come progetto doom/post-metal, i Nostri giungono ad un sound più variegato che cerca di portare il flusso sonoro verso nuovi lidi.
La prima cosa che balza all’orecchio è una notevole pulizia sonora che lascia già presagire un cambiamento, idem la copertina molto evocativa e colma di significati. La musica poi è decisamente meno impetuosa del passato e lo dimostra la prima traccia “Lazarus Taxon”, in cui compaiono ritmiche tribali condite ad arpeggi di chitarra spazzate via da schitarrate massicce e pesanti che portano ad un’ulteriore evoluzione post-black metal/blackgaze che non convince del tutto, come se la velocità non fosse esattamente la giusta espressione del loro pensiero (stesso discorso vale per la più quadrata e cupa “The Void Above”). La titletrack “Natural Extinctions” riporta la mente agli esordi con pennellate sonore durissime, accompagnate dalle urla sofferte e rabbiose del cantante/chitarrista Cristian ma il tutto viene smorzato dalle apocalittiche tastiere che donano un’atmosfera più placida seppure malinconica. Sul finale ricompare un certo shoegaze alla Alcest. Continuando l’ascolto si percepiscono sia la voglia di cambiamento che un legame ancora forte a ciò che è stato. “Litha”, come anche la melodicamente liberatoria “Luminous Lifeforms” (con quella speranzosa melodia portante), vira molto sull’atmosfera, anche forse sull’ambient, dove emergono delle visioni simil pagane ben espresse da una danza tra il drumming di Chantal e la chitarra di Cristian che pare invochino qualche divinità in un crescendo dove emerge un’intesa non da poco. Le rimanenti “Where Nothing Grows” (con il suo riuscito equilibrio tra angoscia e catarsi) e “Rites of Passage” che però viene un po’ soffocata dalle tracce più complesse, sono due discreti episodi che vanno visti in un’ottica di un presunto concept. Difatti ascoltando l’album è come se ci fosse un filo narrativo che collega le tracce ma in più di un’occasione si perde la via lasciando perplessi.
Va detto che trovarsi dinnanzi ad esordi del genere fa ben sperare per il futuro generale della musica oltre che a quello di questa affiatata coppia di musicisti. Un’utopia forse fin troppo azzardata ma, citando Le Ali Della Libertà: “La speranza è una cosa buona e le cose buone non muoiono mai”. Perle del genere vanno conservate!
(Hypnotic Dirge Records, 2019)
1.Lazarus Taxon
2.Natural Extinction
3.The Void Above
4.Litha
5.Where Nothing Grows
6.Rites of Passage
7.Luminous Lifeforms