A meno che non si bazzichi in maniera maniacale nel mondo del post-rock più colto, per molti il nome del musicista/pianista/compositore marsigliese Wilson Trouvé probabilmente non dirà nulla. Monochromie è uno dei suoi innumerevoli progetti sonori che punta anche ad orizzonti musicali come ambient, musica neoclassica, elettronica e diverse altre sfumature talvolta viste in un’ottica cinematografica da colonna sonora. Beyond Frontiers è il settimo album di Wilson ed offre tantissima carne al fuoco e necessita molta attenzione vista anche la lunghezza non indifferente del disco.
Difficile descrivere un’opera così densa di elementi. È un viaggio molto lungo, una sorta di ricerca interiore del divino che si nasconde nell’essere umano ma può essere anche la rappresentazione del ciclo vitale. Tutto parte da una base etereo/notturna (il trip iniziale a nome “Permafrost”) e poi ci vengono aggiunti una moltitudine di elementi per trasmettere dei mood diversi a seconda dei brani. Compare un’elettronica molto rumorosa e ritmata ben bilanciata a melodie di forte impatto come in “Solstice (part 1 & 2)”, la psichedelia visionaria di “Whirlwind”, le ritmiche tribali di “High Hopes”, incursioni robotiche (“The Last Journey”) o anche relax sensoriali (“A Peaceful Place”). Ma tutto ciò è solo una piccola parte del gran lavoro che il mastermind ha riservato agli ascoltatori perché ad ogni brano non si sa mai cosa aspettarsi e le sorprese sono sempre in agguato forti anche di suoni pulitissimi e cristallini. Proseguendo l’ascolto ci si imbatte in ballad pianistiche (“Juni II”), episodi enigmatici e rumoristi come “Signals”, però va segnalata anche la trilogia ai limiti della dance a nome “Thorphan” (colma di beat tra il pagano e l’industrial, una sorte di danza cyborg), “Diphda” (molto più glaciale) e la futuristica “Electrolysis” sorta di fotografia audio di un club notturno fantascientifico che si evolve in qualcosa di altamente emozionale. Come se non bastasse verso la fine il sound si fa più distruttivo e folgorante ma prendendosi i suoi tempi. “Gaza” apre le danze su lidi nuovamente danceable ma decisamente più disturbanti che diventa un imponente crescendo epico per arrivare poi alla lunga e finale “Burning Landscapes” dove tutto brucia tra rumori, echi, psichedelia, drone ed ovviamente il post-rock in una sorta di lenta salita al cielo per poi bruciare con esso.
È musica che va assaporata lentamente e con un impianto adatto per goderne di ogni sfumatura permettendo così al flusso musicale di entrare dentro all’ascoltatore in maniera totale. Album davvero sorprendente, non un capolavoro in senso stretto, ma un disco di alta qualità!
(Fluttery Records, 2019)
1. Permafrost
2. Solstice (Pt. 1 & 2)
3.High Hopes
4. Whirlwind
5. Thorphan
6. Diphda
7. Electrolysis
8. A Peaceful Place
9. Juni, Pt. 2
10. The Last Journey
11. Signals
12. Gaza
13. Burning Landscapes