Quello di Erik Moggridge, unico membro del progetto folk statunitense Aerial Ruin, è un nome piuttosto noto a chi segue un certo tipo di metal atmosferico e sperimentale, avendo egli più volte collaborato con artisti appartenenti al genere. Non pago del proprio ultimo lavoro, un interessante split con il folk-blackster Panopticon pubblicato a fine gennaio scorso, Erik si ripropone affiancato da due collaboratori d’eccezione: Dylan Desmond e Jesse Shreibman, rispettivamente basso e batteria (ed entrambi voce) dell’acclamato duo doom metal Bell Witch. Dalla collaborazione nasce Stygian Bough Volume I, uno sperimentale amalgama del folk puro e minimale di Aerial Ruin e del doom cupo ed allo stesso tempo etereo dei Bell Witch.
La doom band americana e il cantautore contribuiscono in egual misura alla realizzazione di una musica sincera e profonda, che deve l’unicità della propria natura al contributo portato all’album da tutti gli artisti coinvolti. Il rischio, nell’approcciarsi ad un album del genere, è quello, date le differenze tra le proposte artistiche dei musicisti, di trovarsi di fronte ad uno split di più di un’ora che accosti con poco criterio brandelli di folk a riffoni titanici. Così non è: Bell Witch e Aerial Ruin creano un connubio molto convincente, non semplicemente affiancando i propri stili ma unendoli, accompagnando l’ascoltatore in lunghe suite come “The Bastard Wind” o “The Unbodied Air”, in cui gli ipnotici arpeggi e il cantato nasale di Moggridge si distendono su quel buio muro di fuzz e batteria che pochi come Desmond e Shreibman sanno evocare. Alcuni brani, sfortunatamente, non hanno la consistenza e la memorabilità dei due appena citati: “Heaven Torn Low II (The Toll)” è una canzone in puro stile Bell Witch, e quasi risente del cantato strascicato di Aerial Ruin, “Prelude” (4 minuti e 23 secondi) punta ad essere una intro acustica alla conclusiva e formidabile “The Unbodied Air” ma risulta un po’ prolissa. L’economia del lavoro comunque non ne risente e ci propone più di un’ora di musica che racconta una natura antica e mutevole, specchio degli imprevedibili sentimenti dell’uomo di cui l’arte non può non farsi interprete.
Passando attraverso atmosfere che a volte ricordano i primi Ahab (quelli del capolavoro The Call of the Wretched Seas), a volte i Boris in split con i Sunn O))), i tre artisti già più volte citati si confrontano con un genere ostico ai più come il modern funeral doom per rinfrescarlo e cercare, con successo, di aprirlo a nuovi orizzonti. Certo la proposta di The Stygian Bough Volume I non è per tutti, ma il suo ascolto è godibile e rilassante, mai oltre la soglia del ripetitivo. Il folk cristallino, il cantato elegiaco, il growl sapiente e il monolite sonoro apportano tutti il giusto contributo alla creazione di un album di rara purezza ed eleganza.
(Profound Lore Records, 2020)
1. The Bastard Wind
2. Heaven Torn Low I (The Passage)
3. Heaven Torn Low II (The Bell)
4. Prelude
5. The Unbodied Air