I trevigiani Bleeding Eyes da diversi anni hanno intrapreso una strada particolare, allontanandosi a piccoli passi dallo sludge degli esordi. Il presunto album spartiacque fu A Trip To The Closest Universe del 2012, che vide i cinque veneti esplorare nuovi orizzonti, facendolo in maniera ancora più massiccia con il successivo Gammy. Sei anni sono passati da quel disco e a quanto pare hanno portato dei frutti rigogliosi, perché il nuovissimo Golgotha spiazza notevolmente mantenendo alcuni paletti e sviluppandone altri che finora erano solo abbozzati.
Le recenti tracce sono frutto di lunghe jam e sorprende non poco ascoltare un opener come “In Principio”, mastodontico brano di 12 minuti (uno dei più lunghi mai composti dal gruppo). In realtà sarebbe da accoppiarci anche la seguente “Le Chiavi del Pozzo” dato che per tematiche ci sono molti elementi in comune quasi fosse un mini concept riguardante i Vangeli Apocrifi dell’Apocalisse. Lo sludge della band si tinge di un nero impenetrabile fatto di rumori, dissonanze dove aleggia una fine imminente. I testi ma soprattutto il cantato sono molto più curati ed in evidenza rispetto alle precedenti release. La sezione strumentale comunque si difende egregiamente con un lavoro di chitarra cupissimo ma allo stesso tempo epico nelle melodie, con dei giri ritmici che spaziano continuamente tra doom e sludge creando affreschi sonori avvincenti (compare pure una ferale accelerazione black metal). Le vocals di Simone mescolano parti narrate, urla infernali ad accenni quasi mistici creando delle strofe visionarie come se si portasse in musica “Il Settimo Sigillo” di Bergman. Un’accoppiata iniziale davvero intrigante ma che è solo l’antipasto, perché la strada è ancora lunga. Si prosegue con “1418” sorta di brano quadrato che rimanda ad uno stile più crudo e marcio tipico del passato mentre con “Del Pozzo dell’Abisso” si vira verso un intermezzo psichedelico strumentale che segna quasi un passaggio in un’altra dimensione, riportando alla mente il brano “Il Terzo Occhio”. Proseguendo nell’ascolto il mood si fa sempre più luciferino, compaiono arpeggi inquietanti, pennellate eteree ed atmosferiche ma soprattutto un’aura liturgica e maledetta che alterna riff rugginosi e bassi imponenti, per finire nell’epos più totale (“Confesso”) passando poi per una lentezza sfibrante con le seicorde che si fanno stridenti e glaciali (“La Verità” con quell’assolo finale da pelle d’oca). La musica si fa via via sempre più corposa, piena di tanti piccoli dettagli che con la conclusiva “Inferno” riporta l’ascoltatore con i piedi per terra trasmettendogli sensazioni crude, violente facendolo viaggiare nel male più assoluto, un qualcosa che forse non è così lontano dal mondo reale.
Golgotha è un disco notevole, che mostra una band che è cresciuta molto e nonostante qualche piccolo difetto ha raggiunto un alto livello di consapevolezza e tecnica, qui forse messa meno in mostra e usata per costruire qualcosa di speciale. Album da non perdere!
(Go Down Records, 2020)
1. In Principio
2. Le Chiavi Del Pozzo
3. 1418
4. Del Pozzo Dell’Abisso
5. Confesso
6. La Verità
7. Inferno