Il quinto album dei norvegesi Airbag segna un’importante svolta nella carriera della band. Fino al precedente album Disconnected del 2016 il gruppo agiva come quintetto, ma gli ultimi tempi hanno visto la defezione di ben due membri storici costringendo il combo nordico a comporre come trio. Fin da Identity del 2009, primo album, vi è sempre stata una ricerca assidua della qualità e di una composizione che metta in risalto un progressive rock moderno (anche se sarebbe più consono parlare di art rock) dalle marcate tinte melodiche alla Porcupine Tree o Riverside.
Il nuovo disco, A Day At The Beach, vede quindi i tre musicisti rimasti all’opera per mantenere il livello dei dischi precedenti. A sorpresa succede davvero l’impensabile. Il prog della band si rinnova in maniera molto più palpabile che in passato, combinandolo con l’elettronica, creando qualcosa di più pieno e corposo. I pezzi si allungano e si dilatano utilizzando la strumentazione più rock, come la chitarra, come placido accompagnamento ed anche la voce stessa è soffice e carezzevole (ricorda non poco i The Chant o i già citati Riverside). Tutti questi elementi però cambiano spesso disposizione e prendono vita brani ricchi di dettagli come la lunga opener “Machines And Men” dove l’elettronica domina (prendendo ispirazione dalla new wave e dal synth pop) fino a quando emerge il lavoro alla sei corde che fa da collante alle derive psichedeliche per dilaniare il tutto sul finale con riff rugginosi e sporchi. Dal mood lisergico si passa ad atmosfere più sognanti come la suite “A Day at the Beach (Part 1)” e “A Day at the Beach (Part 2)” piene di riferimenti al trip-hop dei Massive Attack e alle raffinatezze pop dei Pink Floyd del periodo post psichedelico. Fa spesso capolino il post-rock ma, come detto prima, è un tassello del variopinto mosaico degli Airbag. Ogni secondo può riservare una sorpresa come nella lunga “Into The Unkown”, visionaria e leggiadra che parte futuristica per poi diventare man mano meno robotica con un cantato squisitamente caldo e pop, aggiungendo nel finale un assolo di rara bellezza che aprirebbe qualsiasi cuore. “Sunsets” spiazza nuovamente grazie alle tinte psichedelico/sognanti integrate ad una chitarra che mescola spasmi epici con melodie scintillanti. Ma è forse con “Megalomaniac” che si raggiunge l’apice grazie a tinte grigie nel sound che si immerge nel drammatico per poi tramutarsi in puro epos grazie a riff più aggressivi ed un epilogo che incendia tutto come una supernova. Incredibile come il trio sia riuscito a mantenere lo status di fuoriclasse ed allo stesso tempo rinnovare la propria musica dimostrando classe e padronanza tecnica.
Ennesimo piccolo gioiellino, forse uno dei più lucenti plasmati dalla compagine di Oslo. Da avere e riascoltare fino allo sfinimento, che forse non arriverà mai!
(Karisma Records, 2020)
1. Machines And Men
2. A Day At The Beach (Part 1)
3. Into the Unknown
4. Sunsets
5. A Day At The Beach (Part 2)
6. Megalomaniac