Hope segna il ritorno discografico di Chiral, one-man band proveniente dalla provincia di Piacenza, a distanza di quasi tre anni dall’ottimo EP Fire/Heritage. Il suono di Chiral si è evoluto nel corso degli anni passando da un black/doom degli inizi ad un’interpretazione molto personale del black metal, con influenze che vanno dalla scuola statunitense (Wolves In The Throne Room e Agalloch), passando da quella norvegese (Burzum su tutti), fino al post-rock di Godspeed You! Black Emperor e Mono, strizzando un’occhio agli Opeth (soprattutto nell’utilizzo degli strumenti acustici). Questo album ci accompagna per quasi 40 minuti in un viaggio alla ricerca delle proprie emozioni, disegnando sapientemente uno scenario non certo di estrema gioia, visto anche il periodo che stiamo tutti attraversando; la copertina ci testimonia tutto ciò con un bambino serio con gli occhi semi-cancellati, come grattando con qualcosa di appuntito su una foto.
Il disco si apre con l’intro di puro ambient “A Scratched Portrait”, proprio a voler spiegare l’immagine sopra descritta, con il vociare di bambini a contrastare un’atmosfera tetra, come testimonianza dell’infanzia limitata (causa Covid) che i giovanissimi stanno vivendo ora, accompagnandoci verso “That Little Wormhole You Called Heart (part I)”, che con i suoi quasi undici minuti ci regala un turbinio di sensazioni, toccando momenti molto vicini al depressive black metal più melodico, dove la voce filtrata e urlata viene qua e là accompagnata dalla voce pulita recitante e tempi lenti si alternano ai blast-beat, come un Burzum (influenza per l’ipnotismo dei riff) rivisto in versione post-black. La terza traccia “.ann” è una strumentale, che con un riff portante dal gusto un po’ depressive e un po’ post-black ci accompagna dall’inizio alla fine, alternandosi solo per pochi secondi con un tremolo picking tipico del nero metallo; si prosegue con “That Little Wormhole You Called Heart (part II)”, dove viene ripreso con qualche variazione il riff della seconda traccia, creando una perla post-black di sei minuti, con la voce pulita che duetta con la voce urlata, entrambe filtrate, a rappresentare l’alternanza tra ottimismo e pessimismo. “Bridge Of Memories”, quinta tappa del viaggio sonoro di Chiral, è un brano ambient dove le tastiere fanno da sottofondo ad una voce delicata ed eterea; “Mortal Way/Full Circle” ci testimonia quanto gli Opeth siano un’influenza per il nostro, con la chitarra acustica in primissimo piano e la sua voce sussurrata ad accompagnare l’ascoltatore, sfociando poi in una ballata post-metal di forte impatto. Tutto qui ? Assolutamente no, perché la seconda metà del brano è ambient puro, a dimostrazione di quanto sia geniale la mente che ha composto questo lavoro.
Post-black atmosferico, depressive post-metal o qualsiasi altra definizione vogliate dare alla musica al suo interno, Hope rappresenta la speranza di ritorno ad una vita normale o è la testimonianza del decadimento della nostra società? A voi la risposta, intanto vi consiglio di ascoltare bene questo disco perché è uno dei più originali e freschi che possiate ascoltare di questi tempi.
(Autoproduzione, 2020)
1.A Scratched Portrait
2.That Little Wormhole You Called Heart (part I)
3..ann
4.That Little Wormhole You Called Heart (part II)
5.Bridge Of Memories
6.Mortal Way/Full Circle