Possiamo annunciare felicemente che il mathcore stia vivendo un bel periodo. Moltissime band d’oltreoceano, quali Callous Daoboys, The Armed, Fawn Limbs, Mouth Breather, Seeyouspacecowboy e molte altre stanno rimpolpando le fila di un mondo che sembrava destinato a essere scavalcato per sempre. A dimostrare che il genere è fresco e dinamico, tutte queste band hanno un loro modo di rivisitare la scena pre e post MySpace, chi preferisce i breakdown, chi sfuriate grindcore, e chi invece preferisce i tempi dispari o riff pieni di chug. Sebbene ci siano elementi che possono sembrare, per gli ascoltatori più attenti, di moda quasi da meme, come l’uso quasi ridicolo di whammy a ogni accordo dissonante, la scena è sana. Un ulteriore punto di orgoglio, pride appunto, sta nel fatto che si possono citare piccoli ma mordaci, soprattutto numerosi, esempi di band con membri queer o non-bianchi-maschi-cis che dimostrano che il genere è terreno fertile per chi cose da urlare contro ne ha in abbondanza.
In questo scenario si presentano quasi dal nulla i Pupil Slicer, trio da Londra, che abbraccia tantissime di queste influenze o caratteristiche e ci mette del suo. Un’uscita targata Prosthetic Records, Mirrors, per i cultori, è quasi un riassunto degli ultimi anni e delle ultime novità sfociando in parte però pericolosamente nel problema prima citato delle mode. Per quanto riguarda i suoni, la band si appoggia tantissimo nel comparto di produzione. Sicuramente le scelte di Pedram Valiani, chitarrista di band più blasonate come i Frontierer o i Sectioned, ormai punta di diamante di quel math metal che molti fingono sia mathcore, ha giocato tantissimo. Si sente fortissimo dietro alla band la presenza di una mano con più esperienza, dato che hanno fatto passi da gigante in breve tempo avvicinandosi alle compagini sopra menzionate. Non penso si possa dire che sia una coincidenza.
I brani di Mirrors sono molto variegati come stili, durate e atmosfera passando da momenti caciaroni e aggressivissimi con vene caotiche ben presenti a soluzioni quasi ambient che rendono la frenetica composizione delle canzoni molto più digeribile, se non fossero a volte eccessivamente lunghe. Il disco supera i 35 minuti ma usa come supporto alcune lunghissime tracce che sembrano un po’ non andare da nessuna parte, brani in cui la band non mostra concentrazione e nei quali ci si perde un po’. Sicuramente questi mostrano un gruppo più poliedrico ma che ancora non sa ben dosare cosa mettere e quando. Non si può negare ottima capacità tecnica dei tre, dalla voce alla ritmica i Pupil Slicer sono quasi impeccabili su disco da questo punto di vista. La band al suo massimo fa sfuriate mathcore stile Converge in canzoni come in “Vilified”, oppure in momenti grind come in “Panic Defence” che risultano comunque abbastanza interessanti ma canonici nel loro accostamento. Nella parte più “bassa” dell’album, la band si rifà a metal, beatdown o nu metal, come in “Husk” o “Worthless” e altri svariati momenti presenti a macchia di leopardo su tutte le tracce. Lì emergono soluzioni più modaiole come un uso smodato del sopracitato pedale whammy o dei breakdown che risveglierebbero l’interesse degli amanti dei Code Orange. Alcuni si troveranno a casa; sono idee che mi fanno un po’ storcere il naso e mi paiono faticose. Senza dubbio la band riesce a riassumere in modo egregio tutto ciò che è stato ed è diventato il mathcore, nel bene e nel male. Se a volte gli si vorrebbe gridare di non appoggiarsi su alcune idee che sono perfette ora per vendere album, ma che risulteranno un po’ imbarazzanti nel futuro, ci sono momenti in cui viene fuori un’anima propria fortissima che accosta molto saggiamente sperimentazioni e canoni del genere. L’esempio più lampante è “Wounds upon my skin” sicuramente la traccia, con video allegato, più riuscita dell’album.
Anche se non gridiamo al miracolo, e un po’ ci da da pensare che un’etichetta come la Prosthetic Records ci metta lo zampino per prepararsi un paio di band stampasoldi alla Code Orange, ho altissime aspettative dai Pupil Slicer e auguro loro che si scrollino di dosso alcune soluzioni poco pensate per esprimersi al 100% con un sound proprio. Se lo faranno, sperando che non cadano nel banale nelle prossime uscite, sicuramente mi appassionerà molto e non mancherò di supportarli.
(Prosthetic Records, 2021)
1. Martyrs
2. Stabbing Spiders
3. L’Appel Du Vide
4. Panic Defence
5. Husk
6. Vilified
7. Worthless
8. Wounds Upon My Skin
9. Interlocutor
10. Mirrors Are More Fun Than Television
11. Save The Dream, Kill Your Friends
12. Collective Unconcious