Se dovessimo stilare un’ipotetica lista di band metal che non hanno mai avuto, per un mare di motivi, la visibilità che meritavano, per quanto mi riguarda il nome degli Empyrium andrebbe sottolineato più e più volte. Nel fitto (è il caso di dirlo) sottobosco di formazioni folk/doom metal che hanno popolato il globo in questi ultimi decenni, il duo tedesco si è saputo ritagliare uno spazio importante in questa costellazione, cercando con tutte le sue forze un suono che fosse melanconico, notturno ma mai banale né pacchiano, e che fosse un perfetto crocevia tra doom, neofolk e dark. La vuota teatralità e la sostanzialmente mancanza di idee puramente musicali purtroppo hanno trovato molta espressione in questo sottogenere, ma gli Empyrium hanno saputo convincere fin da subito, snocciolando una serie di dischi formidabili a cavallo tra gli anni ’90 e i primi 2000. Scioltasi dopo Weiland, per far nascere tutta una serie di progetti paralleli tra cui il ben noto progetto The Vision Bleak, dopo ben dodici anni la band decide di tornare sulle scene con l’agrodolce The Turn of the Tides, che se per alcuni ha rappresentato un nuovo punto di partenza, per altri è parso un canto del cigno quasi evitabile. Mai domi, gli Empyrium però ci riprovano in questo 2021 con Über den Sternen (letteralmente, “oltre la luna”), stupendo tutti con un disco di alta qualità.
Le prime note dell’opener “The Three Flames Sapphire” mostrano fin da subito qualcosa di più ispirato rispetto al disco precedente: la voce baritonale e vampiresca di Schwadorf si erge possente sulle chitarre acustiche, sia in pulito che in screaming, creando un’atmosfera perfetta, che riporta subito alla mente i primi lavori della band. Solo a riascoltare le melodie fin qui proposte, infatti, sembra di essere tornati indietro nel tempo ad ascoltare le odi alla luna di Songs of Moors & Misty Fields o Where at Night the Wood Grouse Plays. “A Lucid Tower Beckons on the Hills Afar” ci mostra l’anima più squisitamente metal della band, a metà tra Agalloch e My Dying Bride, ma non senza stupire con un bellissimo intermezzo affidato alle note di un dulcimer. Il viaggio nella brughiera continua mostrandoci tutte le anime della band: se “The Oaken Throne” è una rappresentazione perfetta di cosa gli Empyrium possano creare in termini di drammaticità in crescendo, altre canzoni come “Moonrise” ci mostrano il lato più meditativo del duo, mettendo in evidenza come il suo background culturale attinga a piene mani anche da progetti neofolk come Forseti o Vàli. Sono altresì degne di nota le altre due canzoni nel senso stretto del termine, ovvero “The Wild Swans” e “Über den Sternen” (quest’ultima cantata interamente in tedesco), che rappresentano due dei momenti migliori di tutto il disco. Stiamo forse parlando dei frammenti più “heavy” di tutta l’opera, portati avanti dalla potenza delle chitarre e dagli scream di Schwadorf, ma non ci si deve fare ingannare: la tecnica dei nostri è in grado di ricreare comunque un’atmosfera oscura e penetrante che va ben oltre la suddetta potenza.
Quello che Über den Sternen trasuda è semplicemente maturità artistica e piena consapevolezza dei propri mezzi. Il duo tedesco ci ha abituato a pochissimi passi falsi o mediocri, ma onestamente quest’ultimo lavoro ha superato incredibilmente le nostre aspettative. Dopo lo scioglimento, la reunion ed il mediocre The Turn of the Tides la speranza di vedere rifiorire l’ispirazione e la drammaticità degli Empyrium si era onestamente spenta. Ci sono voluti altri sette anni per far riemergere la magia e le atmosfere, e per produrre un disco che non sia un’ingenua copia di quanto prodotto negli anni ’90 ma un prodotto consapevole, in cui gli Empyrium ci notificano che sanno esattamente dove vogliono arrivare. Bentornati.
(Prophecy Productions, 2021)
1. The Three Flames Sapphire
2. A Lucid Tower Beckons on the Hills Afar
3. The Oaken Throne
4. Moonrise
5. The Archer
6. The Wild Swans
7. In the Morning Mist
8. Über den Sternen