È passato meno di un anno dalla pubblicazione di No Wilderness Deep Enough da parte dello sciamano Steve Von Till, ultimamente sempre più immerso nella sua avventura solista. Data la mole di maestosità e ispirazione trasudate dal disco in questione, era abbastanza lecito pensare che fosse un capitolo chiuso e completo. In realtà no, per nostra fortuna. Steve Von Till decide infatti di fare quello che avrebbe voluto fare fin dall’inizio: scolpire la forma di quelle tracce senza l’utilizzo di testi. No Wilderness Deep Enough infatti venne originariamente concepito così dal musicista americano, che solo in seguito decise di incorporare elementi vocali, probabilmente non smettendo mai di pensare all’effetto che il disco in questione avrebbe fatto in una visione strumentale. In questo 2021 decide quindi di spogliarlo delle parole e ce lo ripropone in chiave rivisitata: A Deep Voiceless Wilderness.
Di primo acchito, un disco totalmente strumentale che riporta il nome Steve Von Till può sembrare un azzardo a dir poco incredibile. È naturale pensare che possa avere delle ottime potenzialità, o che sia frutto di un intenso e ispirato lavoro ma è altrettanto naturale pensare che non si può parlare di Steve Von Till senza pensare alla sua voce. Questo elemento così distintivo e caratterizzante potrà influire sulla resa del disco? A maggior ragione se il disco non contiene dei veri e propri inediti? In realtà Steve Von Till è riuscito a mostrarci quanto questi ragionamenti possano essere limitati e limitanti. Accostare il suo percorso solo ed esclusivamente alla voce che abbiamo sentito nei Neurosis a volte ci fa perdere di vista un aspetto fondamentale: qui stiamo parlando di grande musica. La messa a nudo di No Wilderness Deep Enough ci propone sostanzialmente un altro disco, in cui le canzoni, sebbene abbiano la stessa sequenza, hanno nomi diversi rispetto al precedente, quasi a sottolineare il fatto che bisogna ascoltarle senza preconcetti e interpretarle in un’ottica diversa. Quello che si dipana di fronte ai nostri occhi (e alle nostre orecchie) è un paesaggio nuovo, ancora più esteso e più incontaminato: come nel disco precedenti sono evidenti i richiami a Jóhann Jóhannsson e Brian Eno, ma se possibile approdando ad una nuova purezza sonora. Gli strumenti utilizzati sembrano ancora più immateriali e inafferrabili ma, come detto, producono visioni concretissime: frammenti come “We’ll Always Have the Sea” o “The Emptiness Swallows Us All” ne sono un esempio più che calzante. Ascolto più oculato e immersivo va probabilmente dato alla conclusiva “The Spiraling Away”, vorticoso e avvolgente capitolo drone dei questo A Deep Voiceless Wilderness, degna conclusione del viaggio.
Per i nostalgici della voce di Steve Von Till il 2021 però non è scevro di sorprese. Esattamente lo stesso giorno dell’uscita di A Deep Voiceless Wilderness, il musicista americano pubblica anche una raccolta di poesie, raccolte in un EP spoken-word intitolato Harvestman – 23 Untitled Poems. La struttura in sé è molto semplice: le poesie provengono dall’omonimo libro del musicista, pubblicato nel 2020 dall’University of South Dakota’s Astrophil Press, sono raccolte in quattro capitoli e recitate con pochissimo apporto di musica. Malgrado questa premesse, la raccolta è molto densa di profondità, sia lirica che drammatica. I pochi effetti applicati al vocione di Steve Von Till riportano alla mente immagini e atmosfere tipiche di maestri del cinema come David Lynch o Andrej Tarkovskij, entrambi esperimenti in cui, non a caso, la spiritualità e la ricerca di sé stessi vengono messe in primo piano. I testi sono densi di simbolismo e risultano molto interessanti, malgrado rappresentino delle liriche escluse dalla stesura del precedente No Wilderness Deep Enough.
Che conclusioni trarre? Sicuramente che Steve Von Till sta vivendo un periodo di grande creatività e ispirazione. Dato per assodato il rallentamento compositivo che i Neurosis stanno subendo per svariati motivi, Steve Von Till probabilmente ha deciso di alimentare la sua creatività nel modo migliore possibile: continuando a regalarci frammenti della sua esperienza e della sua visione dell’universo. Ascoltare la sua musica è infatti un viaggio che sta a metà tra il meditativo e il curativo, che allarga l’anima e riporta in superficie antiche connessioni con il mondo naturale che, purtroppo, raramente consideriamo nelle nostre scelte. L’onestà e la genuinità della sua produzione è ineccepibile, così come la sua continua ricerca di un’“intimità musicale”. Riassumendo, finiamola di prendiamoci in giro: Steve Von Till è uno dei musicisti americani più ispirati, trasversali e unici del panorama americano della sua generazione.
(Neurot Recordings, 2020)
A Deep Voiceless Wilderness
1. Called From the Wind
2. We’ll Always Have the Sea
3. The Emptiness Swallows Us All
4. Shelter in Surrender
5. The Spiraling Away
6. Nightshade High CountryHarvestman – 23 Untitled Poems
1. I-V
2. VI-XII
3. XIII-XVIII
4. XIX-XXIII