Devo partire da un presupposto: è molto difficile per me restare imparziale scrivendo di Blood in the Water, io sono sempre stato un fan del thrash metal, il mio sodalizio con il metallo pesante è partito con i Pantera e da loro ai Testament il passo è stato molto breve, ma cercherò comunque di essere il più obiettivo possibile, perché nonostante la mia grande stima per i Flotsam And Jetsam, una band che ha tirato avanti nonostante fosse sempre stata (e lo è tutt’ora) una delle band più sottovalutate ed eclissate di tutti i tempi, l’ascolto di questo nuovo disco mi ha fatto notare cose su cui non ho potuto sorvolare. Dettagli e particolari che non mi hanno necessariamente deluso, ma sicuramente ho gradito poco. Ciò detto non sono certamente in procinto di gettar fango su una band che comunque apprezzo, anzi. Leggerete come nonostante i piccoli difetti questo sia un disco più che valido.
Blood in the Water arriva dritto e bello sparato in faccia all’ascoltatore, con un’energia che forse nemmeno gli Anthrax hanno più. La cosa che mi ha stupito più di ogni altra è Eric A.K. che ancora ce la fa a fare bene il suo ruolo, perché tra tutti i vari dinosauri del thrash metal sto notando un progressivo invecchiamento, basti pensare a Russ Anderson, che nell’ultimo (ormai di 10 anni fa) Omega Wave dei Forbidden era ovviamente stanco e non proprio all’altezza di una performance soddisfacente. E non è l’unico, provate a pensare all’ultimo lavoro dei Lååz Rockit, Left For Dead in cui un Michael Coons dava una prova che lasciava a desiderare; potrei fare molti esempi, ma la conclusione sarebbe sempre la stessa: non sono in molti a conservarsi la voce, Eric A.K. ci sta ancora riuscendo, questo però non lo si può certo dire anche degli altri membri della band, i quali anziché sfruttare le grandi capacità compositive ed esecutive del duo Gilbert/Conley, la band si adagia su soluzioni che definirei trite e ritrite. Per quanto riguarda questo triste aspetto, due brani spiccano in particolar modo, “Brace For Impact” che strizza l’occhio a dei Testament post 2000 e “A Place To Die”, brano costruito su un riff scontato, che sa di già sentito e soprattutto anch’esso troppo citazionale verso la band di Chuck Billy. In tutto questo però si può trovare una “Cry For The Dead”, quella che potremmo individuare come la power ballad del disco, anche se mai troppo melensa, anzi, vanta anche un certo carattere aereo ed epicheggiante. “Cry For The Dead” segna anche una sorta di “parte seconda” del disco, infatti da qui si susseguono una serie di brani che sprizzano potenza ad ogni passaggio, brani come “Wicked Hour” o “Grey Dragon” che tirano su di molto l’esperienza dell’ascolto, grazie ad un incedere molto più sprintoso e dinamico e una scrittura delle parti vocali che si spingono sempre al limite e non possono non far partire l’headbanging istantaneo. Devo fare anche un breve appunto riguardo la cover art del disco, ossia: assieme al disco precedente, The End Of Chaos, alla fine la band è riuscita a fare riferimento all’inquinamento delle acque, cosa che non ha mai fatto prima del 2016, solo che purtroppo non sono le cover art più belle del mondo, au contraire, per citare una perla del nostro cinema: “il mio falegname con trenta mila lire le faceva meglio”.
So di aver elencato molti difetti nello scrivere di questo disco e che probabilmente proprio questi toglieranno la voglia all’ascolto e so che dopo appunto averli elencati, chi andrà a sentirselo non farà altro che individuarli, ma in fin dei conti è di una band che campa ormai da quarant’anni che si parla, non proprio dei giovinetti con la mente pura e fresca insomma. Ed è vero che siamo lontani ormai anni luce da quei due diamanti del genere che sono Doomsday For The Deceiver e No Place For Disgrace. Alla fine questa band come moltissime altre che hanno visto trascorrere i migliori anni del metal, si stanno stancando, stanno invecchiando e probabilmente prendono il fare musica solo come un mero passatempo che come un desiderio di espressione artistica. Non sono state poche le uscite che mi hanno lasciato l’amaro in bocca negli ultimi tempi, basti pensare all’ultimo Psychotic Waltz, Fates Warning o Heathen. Alla fine questo Blood In The Water come molte opere di band che hanno fatto il loro tempo non sono dischi da prendere e ascoltare per sentire cosa la band ha di nuovo da offrirti, sono dischi da ascoltare senza troppi pensieri, ma mantenendo bene a fuoco nella mente quanto ti abbiano gasato quando eri un giovane pischelletto con la maglietta bucata degli Iron Maiden e il braccialetto con le borchie ed è quanto ho fatto io. Solo per aficionados.
(AFM Records, 2021)
1. Blood in the Water
2. Burn the Sky
3. Brace for Impact
4. A Place to Die
5. Walls
6. Cry for the Dead
7. Wicked Hour
8. Too Many Lives
9. Grey Dragon
10. Reaggression
11. Undone
12. Seven Seconds ‘Til the End of The World