I Dauþuz nascono nell’oscurità e lì sembrano voler rimanere. Incantati e rapiti dalle tenebre del sottosuolo, i due musicisti tedeschi a capo del progetto cercano, con il loro nuovo lavoro Vom Schwarzen Schmied, di raccontare l’orrore, la morte e le ombre venute a galla dall’avarizia e dal tormento degli uomini. In particolare le gelide storie raccontate dal duo ci narrano di persone che hanno scavato sempre più a fondo nel cuore della terra, risvegliando forze oscure ormai sopite o addirittura varcando i confini della realtà stessa. Tutto questo viene fatto tramite un black metal se vogliamo di vecchia scuola, ma con un occhio di riguardo alle melodie e alla struttura dei pezzi, quasi sempre epica e avvolgente.
Tutta l’energia del disco prende forma tramite un buon uso di melodie e arrangiamenti, messi in pista a partire dall’opener “Mein Berg”, aperta da una intro di pianoforte per poi evolversi in un riff molto interessante. Apice compositivo di questo Vom Schwarzen Schmied è la maestosa “Der Eid”, da cui è stato tratto un videoclip molto affascinante, dove i paesaggi grigi e pieni di desolazione finalmente prendono forme e (per così dire) colore, narrati dalla voce cavernosa di Syderyth. Per capirci, il disco che stiamo ascoltando è giustamente pretenzioso e fa venir fuori il lavoro di ricerca dalla band, che come nei precedenti lavori ha cercato di attingere da molteplici fonti di ispirazione: ne sono un esempio i cori medievali e le tinte folk dell’intermezzo “Desperatio”, o i sospiri di “Cognitio”. Stupisce infatti come i Dauþuz siano riusciti a creare una formula che di primo acchito può sembrare molto conservatrice, quasi ancorata al passato (vedi il pezzo “Sagenlieder”), quando in realtà l’intento della band è quello di creare molta atmosfera, ricercando sempre l’evocazione e la ricerca di un’“esperienza”. Un altro tassello che mi sento di consigliare è la penultima “Der Frevel”, in cui il sacrilegio è servito su un piatto d’argento da una voce accusatrice e cinica, mentre esplode la furia black metal del gruppo, sempre in alternanza tra i blast-beat più furiosi e momenti più cadenzati, quasi a ricordare gli Ungfell.
Buona conferma, tirando le somme, questo Vom Schwarzen Schmied. I Dauþuz si confermano per quelli che sono, cioè un gruppo votato alla ricerca della riflessione in musica, delle atmosfere e dell’amore per la narrazione, portando ai nostri occhi un mondo remoto dove albergano antichi e nuovi timori. Se dovessimo trovargli un difetto, probabilmente il disco ha la pecca di non spostarsi molto rispetto alla proposta già udita, ma la maestria della band e la sua classe sono ormai così affinati da poter godere benissimo anche di questo nuovo viaggio.
(Amor Fati Productions, 2021)
1. Der Bergschmied I: Mein Berg
2. Der Bergschmied II: Der Eid
3. Der Bergschmied III: Desperatio
4. Der Bergschmied IV: Zauberwerk
5. Der Bergschmied V: Sagenlieder
6. Der Bergschmied VI: Cognitio
7. Der Bergschmied VII: Der Frevel
8. Der Bergschmied VIII: Sargdeckel