Birds of Passage è il progetto solista della cantautrice neozelandese Alicia Merz. Animo schivo la Nostra, che non si concede molto alla stampa ma che preferisce far parlare la sua musica e i suoi testi, poetici, introversi e malinconici. Al quinto album l’artista si conferma devota ad una stagione in particolare, l’inverno, che pare essere la costante in ognuna delle sue produzioni: The Last Garden non fa dunque eccezione.
Quello che cambia rispetto alle precedenti produzioni è una maggiore rarefazione del suono di Alicia, che qui si fa quanto mai impalpabile, gelido e rarefatto. Le sue “non canzoni” poggiano essenzialmente sulla sua voce impalpabile, lontana, filtrata, che si affida a tappeti tastieristici, drone o chiarristici leggiadri ed eterei, minimali, sottili come lastre di ghiaccio sulle quali la voce della cantante danza soave, scivolando via come gelido e lontano vento. Dark shoegaze, dark elettronica, folk minimale, drone, chiamatelo come volete: solo l’ascolto dell’album saprà fornirvi le parole più adatte per descriverlo.
Ne consegue che la proposta di Birds of Passage si configura come qualcosa di nicchia, assolutamente non da tutti, che necessita di tempo, una giusta predisposizione d’animo e pazienza per essere assimilata. Dall’inizio alla fine The Last Garden ha le fattezze di un sogno, un’esperienza onirica priva di appigli, una nebbia fredda che non fornisce appigli se non una luce lontana e fluttuante (la voce di Alicia appunto), unico labile riferimento. E’ bello lasciarsi andare a queste atmosfere sospese e impalpabili, anche se alle volte si può aver l’impressione che il tutto sia un po’ troppo piatto, privo di brio o di momenti salienti. Ma questo è lo stile della cantante, prendere o lasciare: si lavora togliendo, sgrezzando, riducendo la forma musicale al minimo indispensabile, cercando purezza e candore. E quando ci siamo assuefatti alle dolci e lontane melodie ecco che il sogno si interrompe bruscamente: “On our Hands”, traccia finale, ci sveglia di colpo con una coda rumoristica drone, che sa tanto di ritorno alla realtà; ma se non si è pronti a lasciare il sogno c’è sempre il tasto “play” che ci permette di ricominciare tutto da capo.
Incatalogabile, una Cinder Well ancora più algida e minimale, Birds of Passage è appunto come uno stormo di uccelli lontano, punti neri persi nel bianco cielo invernale, qualcosa che passa, intangibile, che sai ricondurre nella tua mente ad una forma ma che non sei in grado di toccare perché troppo distante. Una colonna sonora per qualcosa che non esiste se non nei nostri sogni.
(Denovali Records, 2021)
1. It’s Too Late Now
2. The Light Became
3. The Creed
4. Worship My Flaws
5. Find Me Another
6. A Tale of Two Cities
7. We Fell For the Devil to Rise
8. Petite Mort
9. On Our Hands