Dietro il nome Palecoal si nasconde il musicista francese Alan Billi, più popolare probabilmente per la sua militanza in gruppi come The Rodeo Idiot Engine e Orbel. La cifra stilistica del progetto solista appare decisamente più intima e rarefatta rispetto a quanto fatto con le band appena citate, e si concentra maggiormente sulla stratificazione di livelli chitarristici ed elettronici. Fake Fates è l’EP d’esordio del progetto, e ha il non facile compito di cementare le atmosfere dissonanti e granitiche di Palecoal.
Un po’ come Jacob Bannon con i suoi Wear Your Wounds, Billi cerca una veste diversa per comunicare le sue emozioni, e gioca sapientemente con l’home recording, producendo un EP molto interessante. Fin dall’inizio della title-track si capisce a cosa stiamo andando incontro: muri sonori alla Dälek o Have A Nice Life, linee vocali che ci riportano alla mente gli Oceansize, il tutto mescolato in maniera migliorabile ma personale. Il drone e le voci continuano a intrecciarsi nelle canzoni successive: “Conditioned Selfishness” è un buon climax, pieno di drammaticità, mentre “While (true)” è più altalenante nell’incedere, mostrandoci comunque come Palecoal sappia muoversi davvero a suo agio nei loop e nei campionamenti. “Isolate” chiude l’EP in maniera più ariosa e colorata, poggiandosi quasi esclusivamente sulla voce di Billi e su calde atmosfere dal sapore retrò.
Palecoal prova a distaccarsi con questo Fake Fates dal suo passato più heavy, riuscendo ad incuriosirci non poco. Di carne al fuoco infatti ne troviamo tanta in questo EP, malgrado duri meno di 25 minuti. Le idee ci sono e parlano da sole, consegnandoci un musicista maturo e desideroso di esprimersi. Appare lecito quindi aspettarsi un full length prima possibile, ancora più cangiante, colorato e emozionale.
(Throatruiner Records, 2021)
1. Fake Fates
2. Conditioned Selfishness
3. While (true)
4. Isolate
6.5