I Lament Cityscape hanno un unico obbiettivo: mettere in musica le nostre paure più recondite, i nostri incubi più feroci, i timori che abbiamo cercato di nascondere a tutti. E ci riescono, indubbiamente. A Darker Discharge, ultimo parto della prolifica band di Buffalo, con sette pezzi e una durata complessiva inferiore alla mezzora riesce a mettere fortemente a disagio l’ascoltatore, catapultandolo di colpo in un mondo cupo, arido, senza luce, freddo e spietato. Musicalmente potete immaginarvi una fusione tra Locrian, Author and Punisher, Nine Inch Nails e Neurosis, con una predominanza maggiore della parte industrial e noise. Abbiamo un unico spiraglio di luce, quella “Innocence of Shared Experience” piazzata a metà tracklist, atmosferica e algida, ma è una flebile candela immediatamente inghiottita dal buco nero generato dalla violenza sonora dei Nostri.
I Locrian sono probabilmente il gruppo che per sonorità si avvicina di più ai Lament Cityscape: le melodie caustiche, i saliscendi drammatici, alcune incursioni nel mondo del black metal masticato e rigettato con delle sembianze nuove ed impreviste, le accelerazioni marziali e noise che di colpo rallentano per dare respiro all’ascoltatore (ma è un falso rallentamento, la tensione continua imperterrita a salire e quella che si respira non è aria, ma sono miasmi industriali velenosi e tossici). Tutti questi ingredienti sono ben presenti nella proposta dei Nostri, i quali, se dobbiamo essere sinceri, sembrano dare il meglio quando dilatano i tempi e lavorano ai fianchi sfinendo il povero ascoltatore già di per sé tramortito dagli assalti frontali di brani come “All these Wires”, “Another Arc” o la prima parte della conclusiva “Part of the Mother”.
A Darker Discharge tratta una materia caotica, oscura, un cuore nero pulsante e assolutamente imprevedibile nei suoi battiti, è un nervo scoperto continuamente sollecitato da infami impulsi esterni: è estremamente difficile da descrivere e può solo essere vissuto, ovviamente se amate certe sonorità apparentemente confuse e avvilenti. E’ però forse un po’ troppo breve, alcuni brani avrebbero potuto essere sviluppati maggiormente mentre così, per come ci sono stati proposti, sembrano più bozze di un qualcosa che non si è del tutto completato. Vero è però che come in ogni incubo non necessariamente la narrazione è lineare, logica e duratura, e spesso all’interno della stessa situazione onirica viviamo anche più momenti tra loro staccati e diversi; visto in questo senso si può dare una spiegazione alla brevità e schizofrenia del disco dei Lament Cityscape. Che magari non sarà un capolavoro, ma farà sicuramente felici i fan delle band citate in apertura.
(Lifeforce Records, 2022)
1. Ocean of Fuses
2. All These Wires
3. Another Arc
4. Innocence of Shared Experiences
5. The Under Dark
6. Where the Walls Used to Be
7. Part of the Mother