Spencer Elliott è in giro da abbastanza tempo per poter essere ormai riconosciuto ai primi strum di chitarra acustica. E dopo i due bellissimi Some Forgotten Color e Folding Space, direi che SE3 non poteva che essere un gradino sopra tanto naturale quanto obbligatorio.
Da dove partire…? Mettiamola così: nel mio percorso di formazione personale c’è stato un lungo periodo in cui i miei eroi sono passati da Vai, Caffery e Becker a diventare DiMeola, Charo, Ana Vidovic, Pepe Romero e una miriade di altri chitarristi incredibili che fanno sembrare Malmsteen un inetto senza arte né parte. E finalmente posso dire di aver aggiunto una voce a quella lunga lista. Spencer Elliott, per chi non lo conosce è un chitarrista che durante la sua vita ha provato più volte a cimentarsi in svariati progetti punk e alternative senza mai sentirsi al suo posto effettivamente. Ma da quando ha avviato il suo progetto solista sembra aver trovato la sua strada. SE3 è un disco completamente acustico e strumentale (esattamente come i due full precedenti sopracitati) che mette insieme una quantità immensa sia di melodia che di tecnica esecutiva, ma entrambe le cose assolutamente bilanciate alla perfezione. Vorrei dire una cosa però prima che io venga preso per un maniaco della chitarra: SE3 è un disco che mette in risalto le capacità chitarristiche di Spencer Elliott senza dubbio, ma sono abbastanza convinto che senza quei meravigliosi incastri di basso e batteria questo disco non avrebbe lo stesso suono e soprattutto non godrebbe della stessa magia. La batteria è fantastica, una drumline funky che più funky non si può e un basso che solo a sentirlo nei suoi passaggi sinuosi e pesanti fa venire i brividi. Però c’è una cosa che mi ha veramente stupito del lavoro di chitarra: la componente percussiva. Penso sia una questione di stile esecutivo e questa cosa in più di un’occasione mi ha fatto pensare al grande Andrés Godoy (consiglio il recupero di questo chitarrista a chi non ha idea di chi sia, e a chi si ritiene un bravo chitarrista, perché il miglior chitarrista del mondo è bravo la metà di Andrés Godoy). Ad ogni modo, questo disco offre momenti di piacevolezza assoluta con dei brani dal piglio pop veramente d’impatto tra cui “Silver Maple” e “The Wolf And The Hawk”. Poi ci sono brani che sono altrettanto piacevoli, ma con un timbro molto più deciso e serioso come “The Tournament”, “Rain Shadow” e “Elipsos”, mentre i restanti come la bellissima “Torque” (pezzo che oltretutto offre un lavoro sugli armonici che fa piangere da quando è bello) sono delle perle di dinamismo e vivacità in forma di una specie di prog rock iperattivo. Le sfumature non sono poi molte, ma ogni brano è un’entità a sé stante, in grado di rapire il corpo di chi sta ascoltando, basti pensare che io che scrivo sto battendo questa recensione a tempo, quasi facendo ballare le dita sulla tastiera e penso basti a far capire quanto sia valido questo disco.
Bene, detto tutto questo cosa mi rimane da scrivere? Ben poco, tranne che sì, ho detto trattarsi di roba particolarmente tecnica è vero, ma le persone che non sono propense alla cosa possono stare tranquille e andare pure a provare questo meraviglioso disco perché la massa enorme di tecnica qui contenuta non fine a sé stessa, ma è al servizio della musica, quindi quello che si va a sentire è una roba fatta molto bene, parecchio sofisticata e allo stesso tempo con uno spirito punk che non guasta. Dovendo parlare a chi di questo tipo di cose si nutre quotidianamente, beh non posso far altro che consigliarlo se si é fan di altri grandi artisti come Mike Dawes e Jon Gomm.
(CandyRat Records, 2022)
1.Torque
2.Silver Maple
3.The Tournament
4.Joystick
5.Rain Shadow
6.Elipsos
7.4_20
8.Insignificant
9.The Wolf and The Hawk
10.There’s Something in the Airlock