Dietro il progetto Mosaic si nasconde il musicista Martin van Valkenstijn, turnista in sede live di band come Empyrium, Sun of the Sleepless e The Vision Bleak, che utilizza questo suo alter ego solista per dare libero sfogo alla sua poetica musicale e alla sua creatività e dare così vita ad un black metal fortemente influenzato dal folk, votato alla riscoperta delle leggende più tenebrose e del misticismo della Turingia, sua regione natia.
Artista molto prolifico, dopo la pubblicazione di alcuni EP si fa conoscere con Secret Ambrosian Fire, un bellissimo lavoro che vi consigliamo di recuperare e che mette in luce per la prima volta tutte le potenzialità di Mosaic; il qui presente Heimatspuk continua sulla strada battuta dal precedente lavoro, amplificando gli aspetti più oscuri e mistici della sua proposta, che come detto risulta legata a stretto filo con le leggende folkloristiche della sua regione, traendo allo stesso tempo spunto anche dagli scritti, tra gli altri, di Johann Wolfgang von Goethe, Georg Heym e Georg Trakl.
Le parole non rendono molta giustizia a Mosaic, ma un ascolto della prima traccia “Wir sind Geister” può essere quanto mai esplicativo: aperta da una melodia folk, un tipico stornello da sagra paesana vagamente inquietante, il pezzo parte subito con delle ritmiche martellanti e pesantemente cadenzate (a parere di chi scrive memori addirittura del post-punk), che accompagnano un cantato declamatorio, che oscilla tra un clean e un sussurro malvagio e sporco, e delle chitarre non necessariamente votate al black metal tout court. Il brano è oscuro, mistico e primordiale, e mette in luce una delle due facce della stessa medaglia di Mosaic. Accanto a momenti dichiaratamente votati al black metal abbiamo infatti anche parentesi più malinconiche, che non perdono di vista l’aspetto ancestrale della musica del Nostro virando però verso sonorità più rarefatte, naturalistiche e riflessive: è questo il caso ad esempio di “Die alte Straße”, “Hullefraansnacht”, momenti di assoluta calma e di respiro che inframmezzano le aggressioni sonore portate da canzoni come la già citata traccia in apertura, “Teufelsberg”, “Nordwaldrauch” e “Unterhulz Zoubar”.
Tematicamente Mosaic cerca di esplorare in dieci episodi le radici più oscure, recondite e tenebrose alla base del folklore della Turingia, attraverso un cantato in lingua madre che ci parla di antiche foreste, streghe, culti magici, che racconta di malvagi spettri (e perché no, il Diavolo stesso) che si aggirano tra i fitti boschi e tormentano i popoli rurali una volta che le luci si sono spente e la notte è calata sulle loro teste. Heimatspuk è un disco inquietante, alle volte grottesco, violento e sanguigno, ma anche romantico nell’accezione letterale del termine, che sfrutta sapientemente e subdolamente una certa melodia di fondo per conquistare l’ascoltatore e imprigionarlo nelle sue notturne ed oscure trame. Probabilmente il precedente Secret Ambrosian Fire era più votato al misticismo e alla spiritualità: parlando di elementi è come se stesse a rappresentare aria e acqua, mentre il presente Heimatspuk, più feroce e sanguigno, può benissimo incarnare l’ardore del fuoco e la materialità della terra. Rimane comunque un album validissimo, sullo stesso piano del predecessore e sua perfetta continuazione, che ci consegna un artista libero dalle mode, tematicamente e musicalmente estremamente interessante e assai affascinante, soprattutto se si ha un debole per gli aspetti più mistici e folkloristici che permeano le culture, antiche e non.
(Eisenwald Records, 2022)
1.Wir sind Geister
2.Die alte Straße
3.Teufelsberg
4.Hullefraansnacht
5.Blutnelke 06:13
6.Der Köhlerknecht
7.Nordwaldrauch
8.Heilstatt
9.Unterhulz Zoubar
10.Tief verschneit die ganze Welt