Nuova band che si avvia al debutto: stavolta da Jonestowns, Texas arrivano i Peth, gruppo nato durante la pandemia del 2020 ed innamorati totalmente della scena proto-metal nata fra le decadi degli anni ‘60/’70 oltre che la derive più oscure dell’occult rock arrivando fino al metallone più grezzo di inizio anni ‘80. Questa prima opera, dal titolo inequivocabile ossia Merchant of Death, racconta quasi trent’anni di musica, quella più rumorosa ed underground facendolo in maniera reverenziale con una devozione ammirevole, forse anche eccessiva.
Qui purtroppo casca l’asino, in quanto quasi tutti i brani sono una copia semi spudorata di ciò che venne fuori in passato con una personalità davvero ai minimi storici. In ambienti come il rock’n’roll, heavy metal o tutta la scena oscura post Black Sabbath ci possono stare le influenze o i richiami, ma qui la situazione è eccessivamente satura ed è pesantemente segnata da un sentore di “vecchio” sia nei suoni che nel modo di fare che appare sorpassato quando in realtà non lo è del tutto. I Peth sono rimasti fermi in tutto e per tutto al metal sgangherato dei Venom o dei funambolismi armonici dei primi Iron Maiden (“Abolish the Overseer” con qualche reminiscenza delle twin guitars dei Wishbone Ash) passando per il blues fumoso e carnale dei Blue Cheer (il basso grasso in “Amok” o la devastante “Run the Night” ) ma incrociando la strada anche con il punk sguaiato trainato da mitragliate di batteria (“Let Evil In”). Ovviamente non potevano mancare le citazioni alla band di Iommi e Ozzy ed ecco quindi l’imponente “Stoned Wizard”, piena di giri di chitarra enormi e distorti con vocals molto simili a mr. Osbourne ed il doom ossessivo della lenta titletrack “Merchant of Death”. Finora tutti brani da manuale, è innegabile, ma ci sono però un paio di brani che mostrano un minimo di idee differenti. Proprio la traccia iniziale “Dwarvanaught” ha delle dinamiche interessanti con quel suo piglio heavy rock aggressivo e proto metal che, seppure figlia della scena oscura (Angelwitch e Pentagram fra i tanti), riesce a combinare bene cantato sgraziato, muri massicci di distorsione ed assalti veloci e crudi. L’altra traccia degna di nota è “Karmic Debt”, una discesa abrasiva negli inferi dagli ottimi riff blues ed un noteveole crescendo epico.
Non sarà un disco che cambia la vita, non è innovativo e purtroppo pecca molto nella sostanza, però potrebbe essere un buon punto di inizio per future evoluzioni.
(Electric Valley Records, 2022)
1. Dwarvanaught
2. Amok
3. Abolish the Overseer
4. Let Evil In
5. Stoned Wizard
6. Run the Night
7. Merchant of Death
8. Karmic Debt