Lo ammettiamo, avevamo preso un po’ sotto gamba Liar dei cesenati Dang Dang, sottovalutando un disco che invece, ascolto dopo ascolto, ci ha conquistato. Certo non è immune da difetti, ma il lavoro fatto dai Nostri è eccellente nel ricreare delle atmosfere che ci catapultano indietro di trenta/quaranta anni (detto così fa quasi effetto), ma riarrangiate con una sensibilità assolutamente attuale. Un compendio di musica anni Ottanta/Novanta, che va a pescare dalla wave (dark, new, synth), dal post-punk, dall’elettronica dei Kraftwerk e dei Daft Punk, dalla disco-funk dei Talking Heads, dalla “disco” propriamente detta, dalla new-romantic, dalla jungle e dalla techno: un mappazzone sintetico e plasticoso, come è giusto che sia citando i generi sopra menzionati, ma indubbiamente affascinante anche grazie al contributo del sax che aggiunge profondità ed un certo mood notturno e inquieto ad alcuni pezzi.
I primi tre brani non fanno prigionieri: la chitarra acida stile Franz Ferdinand (e compagnia bella dei primi anni Duemila) apre le danze con “Filthy White Lies” duettando con un basso robusto e corposissimo, finalmente presente, mentre sotto si stende un tappeto di synth vagamente cupi, che si annebbiano ulteriormente con “Sex with Him” (ecco il sax), un brano che più va avanti più acquisisce orchestrazioni non lontane da certe cose dei The Cure. E poi la title-track, omaggio al post-punk più puro con tanto di voce filtrata e lontana e chitarre che cavalcano spedite e coinvolgenti fino al tripudio dell’epico finale. Dopo tanto correre si rallenta un po’ con “Safe Enough”, canzone un po’ più sottotono delle precedenti che si risolleva però con il suo finale. Anche “The Frost” parte piano con le sue atmosfere cinematografiche ed urbane così anni Ottanta, notturne, fumose, e anche in questo caso la seconda metà alza di botto l’asticella qualitativa con un climax ed un’intensità che crescono esponenzialmente, in modo coinvolgente e trascinante, pur mantenendo lo stesso mood vagamente dimesso. Dopo un paio di momenti meno ispirati i Dang Dang tornano ad esprimersi ad alti livelli con la sincopata e sfaccettata “Cheap Chinese Clothes”, brano stravagante guidato da un basso vivo e pulsante e dalle influenze tropical, dance e jazzate. In quasi nove minuti i Nostri ci avvolgono in un turbine melodico e ritmico che nella sua confusione di generi e sonorità trova una sorprendente ragion d’essere. Poi accade quello che non ti aspetti, succede che i cesenati vanno a pescare “Vamos a La Playa” dei Righeira, destrutturano totalmente la musica e gettano il testo su un’intelaiatura dark elettronica cupa e inquieta, così dissonante e stridente con le liriche spensierate ma dannatamente coinvolgente. La chiusura, non indimenticabile va detto, è affidata all’omonima “Dang Dang”, un nuovo tripudio di sonorità acide che, stavolta, un po’ fallisce nel suo intento di coinvolgere e sopraffare l’ascoltatore.
Non avvicinatevi a Liar con semplicità, è un lavoro più profondo e difficile da padroneggiare di quello che può sembrare. Il magma ottantiano nel quale i Dang Dang sguazzano è assai denso e tentacolare, è un’opera talvolta addirittura labirintica e ostica da accettare, ma che, tolti alcuni momenti, sa dare grandissime soddisfazioni. Al terzo album i cesenati svoltano di brutto e fanno un bel passo avanti dando alle stampe un disco che si merita molto rispetto, con un enorme lavoro di produzione dietro tanto mestiere (e cuore) messo in campo da questi ragazzi. Una bella sorpresa, questo è indubbio.
(Autoproduzione, 2023)
1. Filthy White Lies
2. Sex with Him
3. Liar
4. Not Safe Enough
5. The Frost
6. After the War
7. Body Reaction
8. Cheap Chinese Clothes
9. Vamos a la Playa
10. Dang Dang